L’economia italiana è in rallentamento, con inflazione ai massimi storici da anni (11,3% su base annua) e forte crescita dei tassi d’interesse: si inverte nel 2022 il trend in diminuzione del flusso di nuovi crediti deteriorati che durava dal 2012.
Le previsioni per il 2023 riportano dati in aumento rispetto al periodo pre-Covid (3,8%), pur restando ben lontani dai picchi della crisi del debito sovrano del 2012 (7,5%).
L’estrema incertezza economica e le aspettative negative portano a stimare nel 2022 il primo aumento negli ultimi dieci anni del tasso di deterioramento del credito alle imprese, l’indicatore che esprime la percentuale dei crediti in bonis ad inizio anno che nel corso dell’anno diventano non-performing.
L’indice, pari al 2% nel 2021, a fine 2022 raggiunge infatti il 2,3%: un dato significativamente inferiore rispetto al periodo pre-Covid (2,9% nel 2019) ma destinato a salire nel 2023 al 3,8%, toccato già nel 2017, per poi nuovamente scendere nel 2024 al 3,4%.
Si tratta di valori ampiamente inferiori ai preoccupanti picchi registrati nel 2012 (7,5%) che, tuttavia, riflettono un peggioramento che riguarda ogni settore e classe dimensionale di impresa: solo le costruzioni fanno registrare tassi di deterioramento minori rispetto al 2019, mentre, al contrario, le microimprese registrano il livello più alto di nuovi crediti in default, rilevabile già nel 2022.
Sono questi, in estrema sintesi, i principali risultati dell’Outlook Abi-Cerved 2022-24, un report che ABI e Cerved realizzano periodicamente sulle stime dei flussi dei nuovi crediti deteriorati delle imprese (dati che oltre alle sofferenze includono, dunque, anche i crediti che le banche devono classificare come inadempienze probabili o crediti scaduti), con dettagli dimensionali, per settore e per area geografica. Secondo l’analisi, il peggioramento della qualità del credito risente dell’indebolimento della domanda a cui si associa una cospicua spinta inflattiva delle materie prime e del caro energia. Inoltre, il costante innalzamento dei tassi d’interesse da parte della Banca Centrale Europea ha incrementato il costo del debito per le imprese, che a causa del quadro instabile non riescono a pianificare correttamente le azioni e non fruiscono più delle misure di sostegno al credito adottate durante la pandemia, ora solo parzialmente sostituite.
“Nel corso del 2023, a causa delle incognite derivanti dal contesto geo-politico e con la fine certa dalle misure emergenziali applicate nel periodo pandemico, i crediti deteriorati delle imprese torneranno ad aumentare – afferma Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved Group - Ci aspettiamo però impatti moderati sulla nostra economia: il mercato negli ultimi anni si è strutturato non solo per gestire un aumento dei volumi ma è anche maturato nelle politiche di gestione da parte delle banche e degli operatori specializzati per fronte a questa emergenza. È quindi un mercato in grado di gestire i volumi di NPL attesi. Sarà sempre più importante l’utilizzo di strumenti, algoritmi e tecnologie: è un fronte su cui Cerved è fortemente impegnata per smaltire rapidamente i crediti deteriorati e finanziare la ripresa”.
“Il previsto rallentamento del ciclo, le tensioni geo-politiche e il rialzo dei tassi di interesse, determineranno da quest’anno una crescita del rischio di credito che, seppur pienamente gestibile dalle banche, interrompe il lungo processo di discesa iniziato nel 2012”. Questo il commento di Giovanni Sabatini, Direttore Generale dell’ABI, che aggiunge: “L’inversione della tendenza è un segnale che conferma l’esigenza di interventi volti a facilitare la ristrutturazione dei crediti e, in generale, di misure a tutela della sostenibilità del debito delle imprese, aumentato per effetto della pandemia”.
Più nel dettaglio, nel 2024 il tasso di deterioramento sarà superiore al 2019 per ogni classe dimensionale: le microimprese registreranno la performance peggiore a livello assoluto (3,6% contro il 3,2% del 2019), mentre le grandi imprese segneranno l’aumento più sostanzioso, 1,3 punti percentuali (2,7% contro 1,4% nel 2019). Per quanto riguarda i settori, nel 2024 le costruzioni saranno il comparto con il tasso di deterioramento più elevato e tuttavia l’unico a presentare un dato inferiore al 2019 (3,8% contro 4%), anche grazie al beneficio derivato dalle grandi opere pubbliche finanziate dai fondi PNRR. Sia l’agricoltura che i servizi raggiungeranno il 3,3% (nel 2019 erano rispettivamente a 3,1% e 2,8%), mentre l’industria “solo” il 3,2%, ma dal 2,3%. Tutti rimarranno sensibilmente al di sotto dei picchi del 2012.
A livello territoriale, il Sud e le Isole continueranno a presentare nel 2024 il tasso di deterioramento più elevato al 4,1%, in leggera riduzione rispetto al 2019, seguite dal Centro con il 3,7% (4 decimi più del 2019), mentre le aree settentrionali registreranno un incremento di 7 decimi di punto rispetto al 2019 ma livelli più contenuti compresi tra il 2,8% del Nord-Est e il 3,1% del Nord-Ovest.
Gli andamenti territoriali nel 2022
Il 2022 segna un aumento del tasso di deterioramento in ogni area del Paese: Sud e Isole confermano i rialzi maggiori, portandosi dal 2,4% del 2021 al 2,9% al 2022. Un incremento significativo si registra anche al Centro (2,6% contro 2,2%) mentre il Nord è più virtuoso, con il Nord Est che si attesta al valore complessivo più basso (1,7% contro 1,5%) e il Nord Ovest che tocca il 2,1% (1,8% nel 2021).
Nel 2022, le microimprese sono l’unica classe dimensionale che fa registrare un incremento nel nuovo flusso di crediti deteriorati in ogni macroarea, con il valore più alto toccato nel Sud e Isole (3% partendo dal 2,4% del 2021). Un aumento del tasso di deterioramento cospicuo si osserva anche nel Centro (2,8% nel 2022 contro 2,3% nel 2021) e nel Nord Ovest (2,5% dal 2,1%), dove si sfiorano i valori pre-Covid (2,7% nel 2019). Al contrario, le medie imprese rappresentano la sola classe dimensionale che migliora la propria condizione al Sud e nelle Isole: se nel 2021 il tasso di deterioramento era dell’1,9%, nel 2022 il valore scende all’1,8%, pari alla metà del valore registrato nel 2019 (3,6%). Infine, le grandi imprese sono caratterizzate da aumenti contenuti in ogni macroarea meno il Nord Ovest, dove il tasso di deterioramento si mantiene stabile attorno all’1%, come nel 2019.